Spot Contro La Violenza sulle Donne
Costrette a vedere ciò che i loro occhi non vogliono; costrette a subire cose, che il loro corpo e la loro mente vorrebbero rimuovere fino a sprofondare nel buio; costrette a vivere, senza provare più nulla se non una costante paura; costrette a tacere il loro dolore, perché affrontarlo sarebbe ancora più spaventoso, fingendo una vita normale, in cui si nasconde la vergogna …..
‘Il buio del silenzio’ è la tragica realtà di molte donne che subiscono violenze e abusi, da parte di uomini, a volte sconosciuti, ma spesso purtroppo, fin troppo familiari, che costellano la realtà delle nostre cittadine, costringendole ad essere mute, cieche e isolate dalla società che le circonda per paura. Costrette in condizioni psicologiche fuorvianti, frutto di inibizioni, che ogni giorno piegano la loro esistenza; distrutte da un ‘incontro sfortunato’ che le rovina la vita, in molte, diventano vittime ridotte alla mercè di chi, per giubilo o frustrazione, decide di tormentarle, mortificarle, soffocandole nel terrore.
L’abuso secondo studi effettuati dall’Istat, è in forte aumento nel corso di quest’ultimo anno, la speranza è che questo dato in crescita, sia dovuto solamente ad una quantità maggiore di casi denunciati, rispetto al passato. Molto spesso, infatti, l’abuso, nasce in ambienti familiari compiuto da compagni, mariti, fidanzati e parenti, dove primo passo alla violenza è quello psicologico, atto a ledere l’autostima della vittima fino a distruggerne la personalità, trasformandosi in secondo luogo, in vessazione fisica e maltrattamento. Proprio questo percorso, porta molte donne a non denunciare il reato che si perpetra negli anni, subito con l’incapacità di reagire a costanti minacce, ricatti e al silenzio di chi sa, ma tace, come se tutto fosse normale. Le statistiche dimostrano infatti che la percentuale di casi di violenze familiari, e del 80 %, di cui il 90,6% resta non dichiarata e quindi non punita.
In seconda istanza si collocano le violenze subite da estranei, che vedono un forte incremento nel 2009 nelle maggiori realtà cittadine Italiane. Leggendo il giornale, infatti, la cronaca, quasi ogni giorno ci rende partecipi di stupri e violenze, ai danni di donne, da parte di estranei (statisticamente, questo tipo di violenza interessa il 20% delle donne prese a campione), nella quale il reato solo nel 60% dei casi finisce con l’arresto di un colpevole, di cui 59, sui 28 ‘stupratori’, sono stranieri, comunitari ed extra comunitari. In queste statistiche è possibile rilevare però un problema è legato indissolubilmente alle grandi difficoltà del tessuto sociale, esistenti nel nostro paese, che vedono attiva una società sempre più confusa e disorientata, in cui ancora oggi, rimane più facile denunciare un estraneo, che qualcuno che ci è vicino; ma che nonostante tutto, dichiara una volontà di dare voce ad un disagio.
Esistono percentuali precise che identificano le zone d’Italia in cui è più alta densità di denunce, trovando il sud con una percentuale bassissima e invece, sequenzialmente il nord la fascia centrale, con percentuali relativamente più alte. Difficile però stabilire se e in quanti casi, effettivamente esse vengano dichiarate.
La legge in Italia di fatto, tutela le donne stuprate, in maniera effettiva, solo dall’entrata in vigore dal 15 febbraio 1996 della legge 66/96, in cui la violenza sulle donne trova una realtà penale concreta a cui fare riferimento, riconoscendola parte lesa anche qualora subisca minacce e lesioni, che non necessariamente si concludano con una finalità sessuale, con detenzioni che vanno dai 6 ai 12 anni. Prima di questa data, era molto difficile iscrivere la violenza sessuale e psicologica come abuso reale, infatti la legge esistente nel 1800 vedeva la difesa della donna solo in qualità di ‘bene familiare’ e quindi fortemente legato al senso di oggetto che classificava la sua esistenza all’epoca; solo 130 anni dopo quindi nel 1930, nasce la prima legge che tutela la donna, ma solo nella condizione in cui essa è costretta a subire una violenza sotto minaccia di armi o minacce, trovando una difficoltà oggettiva ad essere inscritta come reato, quando consiste anche solo in un abuso di vessazione mentale. Probabilmente, proprio questa lentezza, ha decretato la visione per molti anni, dei diritti a denunciare questo reato con concreta difficoltà di trovare in seguito, una punizione effettiva, facendo quindi dei diritti di una persona lesa, un bene minore e consentendo la perpetrazione del reato. Fortunatamente le tante guerre combattute, ora vedono le donne maggiormente tutelate, con leggi consone, e servizi del Governo messi a disposizione per la ‘riabilitazione psicologica’, di queste vittime, che nel trascorrere dei tempi, vedono un’espansione in difesa di molte altre inquietanti forme di abuso, a carico di bambini, o in ambiti lavorativi. Sono state create molte strutture, che grazie al lavoro di psicologi e volontari, offrono terapie di effettiva reintegrazione per tutte coloro che hanno vissuto esperienze simili, tramite portali web e telefonici, dove è possibile rivolgersi in maniera anonima per denunciare un malessere, trovando un servizio di sostegno psicologico rivolto a tutte coloro che vivono ‘imbottigliate’ nel silenzio.
Visto il preoccupante incremento di violenze, denunciare, diventa un diritto tangibile e concreto, che purtroppo si fa simbolo di una società critica, dove il senso della giustizia e dei valori è stato troppo spesso, ‘soffocato’ dalla paura, ma che ora finalmente trova un modo per dare voce a coloro, che sperano di trovare di nuovo la gioia della vita.